3 nuovi articoli del gruppo di immunologia della riproduzione e dei tumori

Pubblicati sulla rivista Frontiers in Immunology
Tipologia news: 
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Data pubblicazione
Pubblicato il: 
20/06/2023

Il gruppo di ricerca in immunologia della riproduzione e dei tumori, coordinato dalla professoressa Bulla, ha recentemente pubblicato i tre seguenti articoli sulla rivista Frontiers in Immunology, avvelendosi di collaborazioni nazionali ed internazionali che tra le altre hanno coinvolto l'IRCCS “Burlo Garofolo”, la SISSA, l'università Sapienza di Roma, la United Arab Emirates University e la Stony Brook University di New York.


Genetic bases of C7 deficiency: systematic review and report of a novel deletion determining functional hemizygosity

Le immunodeficienze primitive del sistema del complemento sono rare ed associate ad un rischio aumentato di infezioni, autoimmunità e altri disordini immunitari. In particolare, i pazienti con deficienze delle componenti terminali del complemento presentano un rischio notevolmente maggiore di incorrere in infezioni da Neisseria meningitidis e, pertanto, dovrebbero essere rapidamente identificati al fine di minimizzare la probabilità di ulteriori infezioni, favorendo la vaccinazione. In questo lavoro, è stata effettuata una revisione sistematica della letteratura al fine di determinare le caratteristiche cliniche e genetiche della deficienza del componente complementare C7, partendo dal caso di un paziente di dieci anni con infezione da Neisseria menignitidis e con un quadro clinico suggestivo di una ridotta attività del complemento. I saggi ELISA hanno confermato una riduzione dell’attività totale del complemento (via classica 0.6%; via lectinica 0.2%; via alternativa 0.1%), mentre le successive analisi di Western blot hanno rivelato l’assenza di C7 nel siero del paziente. Infine, il sequenziamento Sanger del DNA genomico estratto dal sangue periferico del paziente ha consentito di identificare due varianti patogenetiche nel gene del C7: una mutazione missenso, già nota con il nome di G379R, e una nuova delezione in eterozigosi di tre nucleotidi localizzati al 3’UTR (c.*99_*101delTCT). Tale mutazione ha determinato un’instabilità dell’mRNA, a causa della quale risultava essere espresso soltanto l’allele contenente la mutazione missenso, rendendo il paziente un emizigote funzionale per l’espressione dell’allele C7-mutato.

Link al lavoro: 10.3389/fimmu.2023.1192690

 

Complement protein C1q stimulates hyaluronic acid degradation via gC1qR/HABP1/p32 in malignant pleural mesothelioma

Il componente complementare C1q può agire come fattore pro-tumorigenico nel microambiente tumorale (TME). Il TME del mesotelioma pleurico maligno (MPM) è particolarmente ricco di C1q e acido ialuronico (HA), la cui interazione è in grado di aumentare l’adesione, la migrazione e la proliferazione delle cellule neoplastiche. Inoltre, è stato precedentemente dimostrato che il C1q legato all’HA è capace di modulare la sintesi dell’HA. In questo lavoro, è stato quindi valutato l’effetto dell’interazione tra HA e C1q sulla degradazione dell’HA, analizzando i principali enzimi degradativi (le ialuronidasi HYAL1 e HYAL2). Sono state inizialmente caratterizzate le ialuronidasi nelle cellule di MPM, con una particolare attenzione per la HYAL2, dal momento che analisi bioinformatiche relative hanno rivelato che elevati livelli di HYAL2 sono associati ad una prognosi sfavorevole nei pazienti affetti da MPM. Esperimenti di Real-Time PCR quantitativa, citofluorimetria a flusso e Western blot hanno evidenziato una up-regolazione di HYAL2 dopo avere seminato cellule primarie di MPM su una matrice di HA+C1q. Allo scopo di determinare il coinvolgimento di potenziali recettori, è stata rilevata una co-localizzazione tra HYAL2 e il recettore per le teste globulari del C1q (gC1qR/HABP1/p32) tramite immunofluorescenza, biotinilazione di superficie e proximity ligation assay. Esperimenti di RNA interference hanno rivelato una potenziale funzione regolatoria del gC1qR sull’espressione di HYAL2, dal momento che il silenziamento genico ha causato un’inaspettata down-regolazione di HYAL2. Inoltre, il blocco funzionale anticorpo-mediato del gC1qR ha impedito il signaling di HA-C1q, prevenendo l’up-regolazione di HYAL2. L’interazione tra HA e C1q è responsabile dell’aumentata espressione di HYAL2, suggerendo un incremento del catabolismo dell’HA e il rilascio di frammenti corti di HA con potere pro-infiammatorio e pro-tumorigenico nel TME del MPM. Questi dati supportano la precedente evidenza di una proprietà pro-tumorigenica del C1q. Inoltre, la co-localizzazione e l’interazione fisica tra HYAL2 e gC1qR suggerisce un potenziale ruolo regolatorio di tale recettore nel signaling associato all’interazione tra HA e C1q.

Link al lavoro: 10.3389/fimmu.2023.1151194

 

A likely association between low mannan-binding lectin level and brain fog onset in long COVID patients

Il fenomeno del “brain fog” può essere descritto come un insieme di sequele neuro-psichiatriche che si manifestano nella fase post-acuta del COVID-19. I sintomi comprendono scarsa attenzione, perdita della memoria a breve termine, ridotta capacità di concentrazione e disturbi del sonno. Tali disturbi cognitivi possono persistere per settimane o addirittura mesi dopo la fase acuta post-infezione da SARS-CoV-2, determinando un forte impatto negativo sulle attività quotidiane e la qualità della vita. Sin dall’inizio della pandemia, è emerso un ruolo fondamentale del sistema del complemento nella patogenesi del COVID-19. Diverse caratteristiche fisiopatologiche del COVID-19 sono state attribuite ad un’attivazione deregolata del complemento in seguito all’infezione da SARS-CoV-2. È stato dimostrato che la lectina legante il mannosio (MBL), prima componente di riconoscimento della via lectinica, è in grado di legare la proteina Spike glicosilata. Inoltre, è stato suggerito che varianti genetiche di MBL2 sono associate con le manifestazioni più severe del COVID-19. In questo studio, è stata valutata l’attività dell’MBL in termini di attivazione della via lectinica del complemento, nonché i suoi livelli nei sieri di una coorte di pazienti affetti da COVID-19, che presentavano brain fog o soltanto iposmia/ipogeusia come sintomi persistenti, comparandoli con volontari sani. Livelli più bassi di MBL e di attivazione della via lectinica sono stati evidenziati in pazienti che presentavano brain fog rispetto a pazienti guariti dal COVID-19 ma che non avevano avuto manifestazioni compatibili con il brain fog. I dati presentati in questo lavoro indicano che il brain fog associato al long COVID può essere annoverato tra le svariate manifestazioni di aumentata suscettibilità alle infezioni e malattie dovute ad una deficienza di MBL.

Link al lavoro: 10.3389/fimmu.2023.1191083

Ultimo aggiornamento: 20-06-2023 - 16:30
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