Il gruppo di ricerca formato da Miris Castello e Alfredo Altobelli conduce ricerche sperimentali nel campo dell'ecologia e della biologia della conservazione, che includono l’analisi, il monitoraggio, la conservazione e la gestione degli ecosistemi e delle popolazioni di specie animali e vegetali, il monitoraggio delle specie esotiche, l’analisi dell'uso del suolo e dei cambiamenti della copertura del suolo.
La biodiversità è minacciata da numerosi processi, tra cui la perdita degli habitat, i cambiamenti climatici globali, le specie esotiche invasive, le malattie, lo sfruttamento eccessivo. Tuttavia, le specie e gli habitat di interesse conservazionistico possono essere anche minacciati dall'abbandono della gestione del territorio e delle pratiche agricole e di pascolo tradizionali. Gli approcci moderni alla conservazione della biodiversità sono fortemente basati su strategie di conservazione in-situ delle specie nei loro habitat naturali; in Europa, la conservazione degli habitat naturali e delle specie minacciate è una priorità, riconosciuta anche dal diritto internazionale.
Il programma di ricerca del nostro gruppo si concentra sulla componente vegetale degli ecosistemi, in quanto la vegetazione rappresenta l'elemento chiave per identificare e analizzare gli habitat, valutarne lo stato di conservazione, studiare modelli spaziali e processi ecologici a scala di paesaggio, fornire informazioni fondamentali per la pianificazione e gestione dell’uso del suolo.
Le attività di ricerca si basano sul lavoro sul campo e su metodi avanzati di GIS e telerilevamento
I Sistemi Informativi Geografici (GIS) rappresentano un cambiamento considerevole nella gestione dei dati ambientali, poiché collegano le informazioni territoriali a diversi database, consentendo l’“integrazione” del territorio, aggiungendo e producendo nuove informazioni. L'uso di strumenti di telerilevamento, sia aereo che satellitare, multi- e iper-spettrale, consente la raccolta di molti tipi di informazioni territoriali e l'analisi di aspetti che possono essere difficili da monitorare. L'efficacia dei GIS è ottimizzata dalla combinazione di GIS e analisi statistica e in particolare dall'applicazione di metodi multivariati. In questo caso i GIS non sono una tecnologia isolata ma parte della metodologia integrata di analisi. L'analisi multivariata rende comprensibile e decifrabile una grande quantità di dati che sono difficili da capire immediatamente.
In questo contesto la cartografia della vegetazione è uno strumento importante per la gestione delle risorse naturali e la pianificazione dell'uso del suolo, poiché la vegetazione funge da base per tutti gli organismi viventi e svolge un ruolo essenziale nelle dinamiche globali.
Le attività di ricerca del gruppo di Ecologia Applicata e Telerilevamento sono articolate in due linee principali:
- ecologia vegetale e conservazione (riferimento M. Castello, email: castello@units.it)
- GIS e telerilevamento (riferimento A. Altobelli; email: altobelli@units.it)
Il nostro obiettivo è quello di affrontare tematiche riguardanti l’ecologia e la conservazione delle risorse naturali attraverso un approccio integrato di lavoro sul campo e telerilevamento, dalla scala delle popolazioni fino a quella del paesaggio.
Conservazione delle praterie carsiche mediante la reintroduzione del pascolo e aree agricole ad alto valore natural (HNV)
I prati aridi del Carso dell'Alto Adriatico sono habitat molto ricchi di specie e caratterizzati da un'alta presenza di entità rare ed endemiche: essi sono riconosciuti dalla Direttiva Habitat (92/43/CEE) come habitat di interesse conservazionistico a livello europeo. Le praterie carsiche sono habitat seminaturali creati nel tempo grazie ad attività umane a bassa intensità; l'abbandono delle tradizionali pratiche agricole e di pascolamento e il conseguente processo naturale di sviluppo di cespuglieti e boschi stanno determinando una forte contrazione di questi habitat.
Il nostro gruppo conduce ricerche sulle praterie aride del Carso italiano, sugli effetti sulle comunità vegetali del decespugliamento e della reintroduzione del pascolo come mezzo di conservazione, e sugli impatti di specie vegetali esotiche su questi fragili habitat.
Diversità vegetale delle zone umide interne
Le zone umide interne sono habitat ad alto valore ecologico in drastica riduzione come conseguenza dei cambiamenti dell'uso del suolo, dell'alterazione antropica, del riscaldamento globale e dei processi dinamici naturali. Il degrado o la perdita di questi habitat sono una grave minaccia per molte specie.
Nelle aree carsiche, caratterizzate dalla mancanza di un sistema idrografico superficiale, gli habitat acquatici sono spesso costituiti da corpi idrici artificiali, creati per i bisogni degli esseri umani, degli animali e dell'agricoltura. L'abbandono delle attività economiche tradizionali dopo la seconda guerra mondiale e la mancanza di gestione hanno portato alla scomparsa di molti stagni, preziosi habitat per la conservazione della biodiversità.
Inoltre, il sistema dei laghi carsici del carso isontino è uno dei più importanti esempi di idrologia carsica in Italia ed Europa.
Il nostro gruppo svolge un programma di ricerca sulla flora, vegetazione e lo stato di conservazione degli habitat acquatici delle aree carsiche: le ricerche si concentrano sul territorio del Carso classico, in particolare sul Lago di Doberdò, e sulle paludi e stagni del Cansiglio montano (regione Veneto).
Grotte
La Regione Friuli Venezia Giulia ha un numero impressionante di grotte (oltre 7700 grotte note secondo il Catasto Regionale delle Grotte); le grotte sono una delle note più distintive del paesaggio carsico italiano (oltre 3100 grotte conosciute).
Le grotte sono habitat molto particolari e fragili, ancora non molto conosciuti, ma di grande valore per la biodiversità. In biospeleologia, la conoscenza della componente vegetale è ancora incompleta: in particolare le briofite, che rappresentano un elemento fondamentale degli habitat delle grotte, sono state a lungo trascurate.
Le piante verdi crescono solitamente agli ingressi delle caverne, ma non sono presenti nelle parti interne a causa della mancanza di luce solare. Nelle grotte naturali aperte al pubblico e nelle cavità artificiali o nelle miniere, l'illuminazione elettrica consente agli organismi fototrofi di crescere nel sottosuolo: attorno alle lampade si trova una vegetazione di cianobatteri, alghe, briofite e felci, chiamata "lampenflora". Queste comunità rappresentano un'alterazione dell'ambiente sotterraneo e possono causare danni agli speleotemi e alla fauna delle grotte. Lo sviluppo della lampenflora costituisce un grande problema per la gestione delle grotte turistiche.
Le nostre attività includono diversi aspetti degli ecosistemi delle grotte, tra cui le comunità vegetali di grotte naturali e turistiche ed il problema della lampenflora.

La lista rossa della flora italiana
Il gruppo è coinvolto in un progetto nazionale per la nuova Lista Rossa della Flora Italiana promosso dalla Società Botanica Italiana (SBI) e dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) nell'ambito della Strategia Nazionale per la Biodiversità del MATTM.
Micro-SAPR (droni) per lo studio del paesaggio vegetale
Il recente sviluppo del telerilevamento prossimale o a bassa quota utilizzando piccoli droni (SAPR) apre nuove prospettive per lo studio del paesaggio vegetazionale. Il vantaggio di questi velivoli risiede principalmente nell'elevata risoluzione spaziale e nella loro operatività, che è significativamente semplice rispetto alle piattaforme aeree e satellitari tradizionali.
Sulla base delle fotografie acquisite da un drone e in seguito alla parziale sovrapposizione dei fotogrammi è possibile creare mappe della vegetazione molto dettagliate, che includono aree non raggiungibili o pericolose, e un modello tridimensionale della superficie del terreno (DSM) dell'area di interesse. Il DSM (Digital Surface Model) rappresenta, in forma digitale, la superficie con tutti gli oggetti che si trovano su una determinata zona inclusi edifici, infrastrutture e vegetazione.

Immagine da Micro-SAPR (drone) di una zona del Lago di Doberò (Gorizia, Italia), fornita dalla società AIRMAP di Trieste (estate 2014) con una risoluzione spaziale di 3 cm per pixel
Analisi temporali GIS e cambiamenti climatici
Per descrivere e prevedere gli effetti dei cambiamenti climatici sul funzionamento degli ecosistemi è possibile monitorarli continuamente mediante parametri satellitari quali: indici di vegetazione verde, temperatura superficiale e umidità.
In passato la gestione dei dati spazio-temporali in ambiente GIS era difficile. Ora, grazie al nuovo GRASS GIS Temporal Framework (TGRASS), la capacità di elaborazione è notevolmente aumentata.

Andamento (inclinazione della regressione lineare) della temperature media estiva (temperatura superficiale da satelliti MODIS) nell’area del Carso, dal 2005 al 2014; in nero viene riportata la delimitazione dell’area del Carso Italiano (Trieste e Gorizia). Il colore rosso indica aumento della temperatura, il blu indica riduzione.

Andamento (inclinazione della regressione lineare) dell’indice NDVI (Normalized Difference Vegetation Index da satelliti MODIS) nell’area del Carso, dal 2005 al 2014; in nero viene riportata la delimitazione dell’area del Carso Italiano (Trieste e Gorizia). Il colore rosso indica aumento dei valori NDVI, il blu indica riduzione.